SAVE OUR OCEAN - EOLICO OFFSHORE IN EUROPA

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Save Our Ocean - Eolico Offshore in Europa


Nel Save Our Ocean di oggi proseguiamo il discorso che avevamo iniziato una settimana fa. In quell'occasione, approfittando dell'uscita del rapporto europeo sulla blue economy, abbiamo introdotto numerose tematiche e oggi approfondiremo la prima del gruppo: l'energia eolica prodotta da impianti offshore.

Prima di iniziare, vi ricordo che potete trovare un elenco degli articoli di questa serie, costantemente aggiornato e ordinato secondo categorie tematiche, visitando questo indice.

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Le varie tipologie di impianto eolico offshore

Definizione e Caratteristiche

Prima di trattare lo sviluppo di questa tecnologia in Europa, parliamone brevemente in termini generali. Si definiscono installazione eoliche offshore quelle formazioni a stormo, a delta o a filari lineari composte da decine di turbine eoliche impiantate al largo delle rive, in alto mare. Siamo quindi nel campo della Blue Energy, ovvero le energie rinnovabili legate al mare.

Il primo grande vantaggio di questi impianti è, ovviamente, quello di sfruttare un grosso spazio aperto, elemento chiave dietro il loro successo in Germania, Danimarca e Olanda, dove la scelta tra questi e gli impianti terresti è praticamente obbligata. Un'altro vantaggio si può trovare nella velocità del vento che è, in media, maggiore al largo rispetto alla terraferma. La turbolenza è, inoltre, minore e i rotori delle turbine sono sottoposti a meno stress, venendo oltretutto progettati appositamente per sopportare il moto ondoso e l'interazione vento/onde. L'unico difetto di questi impianti sembra trovarsi nel costo. Le normali turbine terrestri vanno adattate, proteggendole dagli effetti corrosivi del sale e dell'acqua, inoltre cavi, connessioni, messa in opera e manutenzione sono tutti costi aggiuntivi di cui bisogna tenere di conto.

Anche dal punto di vista dell'impatto ecologico, gli impianti offshore risultano decisamente superiori a quelli terrestri. Il loro sviluppo combatte l'urbanizzazione e riduce i problemi di impatto estetico e acustico, essendo spesso collocati oltre la linea dell'orizzonte visibile. Per quanto riguarda la fauna, i numerosi studi sull'argomento concordano: non solo la rotazione delle pale in movimento e il loro rumore subacqueo non ha effetti negativi significativi sugli animali, d'altronde i pipistrelli (le prime vittime dell'eolico terrestre) sono molto meno presenti in mare aperto mentre i pesci ci passano semplicemente sotto, ma sembra che la creazione di piattaforme, piloni e cavi favorisca, nel tempo, la creazione di zone di ripopolamento e di biodiversità sui fondali (più o meno come accade con le pile e gli ancoraggi delle piattaforme petrolifere).

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l'impianto eolico offshore di Kentish Flats

Eolico Offshore in Europa

Come si è sviluppata, quindi, questa tecnologia in Europa? Il primo impianto eolico offshore, composto da 11 turbine eoliche, è stato realizzato nel Mar Baltico al largo di Vindeby, in Danimarca, agli inizi degli anni Novanta. Lo sviluppo più rapido in assoluto lo abbiamo avuto in Germania, dove si partiva da zero nel 2002, per poi proiettarsi ad un +15% di energia rinnovabile entro il 2020 (e secondo le proiezioni dovrebbe riuscire a raggiungere tale obiettivo senza problemi).

La rilevanza del settore eolico offshore in Europa è sottolineata anche dal rapporto sulla Blue Economy. Attualmente questa tecnologia è implementata da 11 Nazioni che, da sole, producono circa il 91% dell'energia eolica offshore mondiale. Per quanto riguarda la grandezza degli impianti, in testa troviamo il Regno Unito (44%), seguito dalla già citata Germania (34%) e poi, con notevole distacco, da Danimarca (7%), Belgio (6,4%) e Paesi Bassi (6%).

Il risultato del Regno Unito è a dir poco impressionante. In acque britanniche, a Kentish Flats, è stata installata, nel 2005, la più grande formazione eolica del nuovo millennio, capace di generare, da sola, 90 megawatt di energia. Con questa aggiuta, il potenziale energetico da eolico offshore del Regno Unito è di circa 230 TWh all'anno, ovvero più che sufficente a coprire il consumo totale annuo degli abitanti della nazione! Ma non solo, il governo del Regno Unito mira, entro il 2030, a superare stabilmente, per la prima volta nella storia umana, l'intera produzione elettrica con combustibili fossili, proprio grazie all'apporto dell'eolico offshore. Detto in parole povere, il 70% del mix elettrico inglese diventerebbe a basse emissioni inquinanti!!!

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Una turbina eolica offshore galleggiante

Eolico Offshore in Italia

Ed in Italia come siamo messi? Male. Molto male. Nello stesso tempo previsto dal Regno Unito per rivoluzionare il mondo delle energie rinnovabili (dieci anni), in Italia siamo a malapena riusciti a sbloccare la situazione relativa alla realizzazione del primo parco eolico marino. Una grossa installazione era stata infatti progettata nel 2009 al largo di Taranto venendo poi, però, successivamente bloccata a causa di due problemi: fondali alti e mancate concessioni.

Il problema dei fondali alti è stato prontamente superato, negli ultimi anni, dallo sviluppo di impianti eolici offshore galleggianti. Queste vengono installate a grande distanza dalla costa e, solitamente, usano un sistema di ancoraggio a tre punti con cavi in acciaio ancorati al fondale. Per altro, le minori strutture richieste per l'installazione stessa, riducono di molto il costo economico di questi impianti (come sottolineato ancora una volta dal rapporto europeo sulla Blue Economy).

Resta quindi il problema delle mancate concessioni delle autorizzazioni. E fa riflettere che, in una nazione con 11.700 km quadrati di superficie marina adatta, non si riesca a realizzare un simile impianto. In merito sono stati presentati più di una 15 di progetti, ma tutti sono caduti nel disinteresse burocratico o pesantemente ostracizzati. L'ingresso sulla scena della banca d'affari francese Natixis sembra, tuttavia, aver sbloccato la situazione dell'impianto di Taranto, battezzato Beleolico, che dovrebbe essere completato quest'anno per poi entrare in esercizio nel 2020. L'augurio è che il successo di questo impianto spinga, successivamente, a usare in modo migliore questa preziosa risorsa rinnovabile così pesantemente bistrattata e ignorata.


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